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Saper fare, saper essere e saper comunicare: le competenze per trovare lavoro oggi

Saper fare, saper essere e saper comunicare: le competenze per trovare lavoro oggi

Per trovare lavoro è necessario riconoscere l’importanza del saper essere e di soft skills quali l’intelligenza emotiva e la capacità di comunicare con empatia

Le competenze possono essere definite come l’insieme delle qualità personali e delle conoscenze che ognuno di noi utilizza in ogni momento della propria vita: al lavoro, in famiglia e nel tempo libero.

Possiamo suddividere le competenze fondamentali in tre gruppi diversi ma ugualmente importanti perché i migliori risultati si ottengono quando sono presenti le caratteristiche di ogni gruppo.

I tre gruppi sono:

  1. Il sapere, che riguarda le conoscenze;
  2. Il saper fare, che riguarda le capacità, le abilità e l’esperienza;
  3. Il saper essere, che riguarda i comportamenti e gli atteggiamenti, e ha a che fare con l’identità.

Ma quali sono le competenze che ti consentono di esprimere il meglio di te e che ti permettono di trovare lavoro oggi?

Seguimi e vediamo insieme le quali sono le caratteristiche di ogni gruppo e come si formano le relative competenze.

Il mio consiglio è quello di affrontare questo articolo con autocritica, in modo da riuscire a metterti in discussione e di cercare di migliorarti. In questo ambito il lavoro interiore è parte integrante del tuo percorso di crescita personale e professionale.

Sapere, saper fare e saper essere

Il Sapere rappresenta le competenze di base che riceviamo attraverso l’educazione.

Sono il quadro di riferimento in cui inserisci il tuo modo di lavorare e di essere. Riguarda le conoscenze teoriche di base come la scrittura e il linguaggio che utilizzi, le conoscenze di matematica e se è tua abitudine leggere e informarti.

Il Saper fare rappresenta invece le competenze tecnico-professionali e riguarda le conoscenze pratiche della tua funzione lavorativa.

Il Saper essere rappresenta le competenze trasversali utilizzate in più ambiti (come comunicare, parlare in pubblico, capacità di lavorare in gruppo ecc.) e riguarda la capacità di essere. Ciò presuppone che tu conosca bene te stesso, prima di tutto.

La scuola ci fornisce l’abc del saper fare, ma è solo quando iniziamo a sperimentare sul campo che poniamo le basi per sviluppare anche le conoscenze pratiche e, con il tempo, diventiamo abili nel saper fare.

Può anche succedere che hai tutte le migliori conoscenze teoriche e che conosci le azioni necessarie da compiere ma non riesci ad attuarle.

Da cosa dipende? 

Dipende dalla terza fondamentale competenza, il saper essere.

Competenze

Competenza: definizioni

Prima di tutto bisogna risalire all’origine e definire cosa si intende per competenza.

L’EQF (European Qualification Framework, il sistema che permette di confrontare le qualifiche professionali dei cittadini europei) definisce la competenza come

La capacità di utilizzare conoscenze, abilità, capacità personali, sociali e metodologiche. 

L’e-CF (e-Competence Framework), che si rivolge nello specifico al contesto dell’ICT, definisce la competenza come

Un’abilità dimostrata di applicare conoscenza, abilità e attitudini. 

In altri ambiti si afferma che il talento (l’insieme di competenze che concorrono al successo professionale di un individuo) richiede conoscenza, abilità e motivazione.

Le diverse definizioni hanno un tratto comune: evidenziano come la competenza richieda, oltre al sapere (la conoscenza) ed al saper fare (l’abilità), un insieme ulteriori caratteristiche che includono tratti personali e coinvolgono la sfera delle relazioni sociali ed interpersonali dell’individuo (il saper essere).

Le competenze possono essere poi classificate in vari modi: ad esempio suddividendole in competenze di base, tecnico-professionali e trasversali. 

Saper Essere e Soft skill

In questo quadro occorre introdurre le cosiddette soft skill, ovvero le abilità trasversali che concorrono a rendere gli individui efficaci dal punto di vista relazionale e comunicativo, metodologico e manageriale.

Nel quadro delle tre componenti della competenza (sapere, saper fare, saper essere), le soft skill vengono inserite di solito tra le capacità del saper essere. 

Vorrei proporre un modo diverso di concepire le soft skill. Considerandole competenze trasversali le possiamo ricondurre a quelle competenze formate dalle componenti del sapere, del saper fare e del saper essere.

Ad esempio, la capacità di buona comunicazione interpersonale non si basa solo su attitudini più o meno innate, richiede conoscenze teoriche (sapere), esperienza ed applicazione di metodo (saper fare), nonché tratti personali come ad esempio la capacità di ascolto (saper essere). 

Esaminiamo poi la capacità di lavorare in gruppo: essa dipende da un insieme di abitudini, comportamenti e attitudini. 

Alcune di queste caratteristiche si possono imparare attraverso percorsi di formazione che insegnano le tecniche della buona comunicazione e dell’assertività.

Sono altre le attitudini personali (saper essere) che spesso è difficile modificare: è il caso ad esempio della capacità di ascolto e del saper comunicare con empatia.

Alcune attitudini, che sono radicate nel sistema neurologico dell’adulto, non possono più essere insegnate e nemmeno manipolate.

In tali casi la conoscenza (sapere) non è in grado di sradicare attitudini (saper essere) consolidate.

In altri casi invece l’esperienza e un grande lavoro interiore può aiutare a migliorarsi.

Competenze tecnico professionali specialistiche, competenze accessorie e trasversali

Distinguiamo intanto due tipi di competenze: le competenze tecnico-professionali specialistiche e quelle accessorie. 

Le prime sono specifiche dell’ambito lavorativo proprio dell’azienda. 

Ad esempio, per un progettista di una azienda del settore meccanico, la competenza specialistica è il risultato di un percorso di formazione nell’ambito della meccanica e di applicazione di tali conoscenze ai processi industriali meccanici.

Il saper essere invece in questo caso include capacità come il problem solving e la creatività.

Ma se l’azienda intende inserire processi digitali e tecnologie proprie del mondo dell’elettronica e telecomunicazioni (come il big data) o dell’informatica (il cloud computing, l’intelligenza artificiale), il progettista deve disporre anche di competenze accessorie, ossia proprie di altri settori tecnologici. 

Tali due categorie dovranno poi essere accompagnate dalle competenze trasversali o soft skill, quelle competenze indipendenti dall’ambito applicativo come la leadership, la capacità di lavorare in gruppo o di comunicare.

Dunque, in sintesi le competenze utili all’Industria 4.0 possono essere stratificate a tre livelli:

  1. specialistiche;
  2. accessorie;
  3. trasversali. 

Su ciascun livello occorre sapere, saper fare e saper essere. 

Il ruolo della comunicazione interpersonale

Il mondo del lavoro oggi richiede persone che oltre a sapere, saper fare e saper essere, devono anche saper comunicare.

La comunicazione interpersonale è una delle più importanti competenze trasversali, perché ogni relazione impone buone capacità di comunicazione.

Si tratta di una competenza per la quale occorre formazione, esperienza ed attitudini. 

Valutazione del Saper Essere

Durante un colloquio, Il responsabile delle risorse umane deve riuscire a capire anche le caratteristiche di identità che non vede della persona che ha di fronte.

Il suo scopo è inserire la persona giusta al posto giusto.

Ciò che gli interessa 4 tratti della personalità:

  • Dominanza: caratteristica che comporta creatività, fantasia, capacità decisionale e ambizione al potere;
  • Interazione: caratteristica di chi è portato a interagire con gli altri. Tipica della persona empatica;
  • Stabilità: persona che rispetta le regole e che sa aderire a una cultura già stabile;
  • Competenza: propensione alla precisione e ai dettagli.

La proposta di un questionario è indicativa per ottenere una chiave di lettura del soggetto da selezionare.

Questo viene fatto allo scopo di mettere l’uomo giusto al posto giusto, usando il dizionario delle competenze dato dal saper fare (conoscenze e capacità tecniche) più il saper essere (attitudine e caratteristiche di identità).

Le attitudini, il saper essere, sono legate all’identità.

Flessibilità, innovazione, apertura a nuove idee, orientamento alla strategia e al risultato, accuratezza, capacità decisionale, cooperazione sono alcune competenze che il responsabile delle risorse umane cerca nel candidato.

Le capacità tecniche, il saper fare, sono legate all’esperienza. Parliamo della conoscenza (il sapere) e dell’esperienza lavorativa maturata nel settore.

Le caratteristiche dell’identità determinano i fattori di successo che poi si riflettono sui risultati lavorativi in termini di migliore performance, incremento della produttività e aumento dei volumi delle vendite.

Hai capito l’importanza dei tre tipi di competenze, quanto sono legate una all’altra e quando è importante fare in modo che emergano chiare in un colloquio di lavoro?

Competenze personali, sociali e intelligenza emotiva

Le competenze che riguardano il saper essere possono essere personali come la padronanza di sé, la motivazione, coscienziosità, la flessibilità, l’autocontrollo, iniziativa, impegno, fiducia in sé, la spinta alla realizzazione.

Oppure sociali, le cd abilità sociali: empatia, comunicazione, comprensione, gestione conflitti, collaborazione o cooperazione, leadership.

L'Intelligenza emotiva caratterizza il comportamento delle persone

Le competenze dell’intelligenza emozionale forniscono un contributo importante alle prestazioni professionali e consentono di migliorare il saper essere influendo sulle caratteristiche di identità (energia, onestà, carisma, intuizione, fiducia, impegno, resistenza ecc.).

Le competenze sociali fanno parte delle competenze dell’intelligenza emotiva e comprendono l’empatia e le abilità sociali.

L’empatia è la capacità di “sentire con l’altro”. Comporta consapevolezza dei sentimenti, degli interessi e delle esigenze altrui.

Si articola in comprensione agli altri, assistenza, promozione allo sviluppo altrui.

L’abilità sociale riguarda quei comportamenti capaci di indurre risposte desiderabili negli altri. Si articola in influenza, comunicazione, leadership, cooperazione, apertura al cambiamento, capacità nella costruzione di legami.

L’intelligenza emozionale si può sviluppare durante tutto l’arco della nostra vita e sostiene il 70% delle competenze che condizionano il successo nel lavoro e il benessere privato.

Ricorda che:

La competenza emotiva ha un’importanza doppia rispetto alle abilità cognitive e permette di ottenere prestazioni superiori in tutte le posizioni e in ogni campo.

La competenza emotiva costituisce un enorme vantaggio nelle posizioni di leadership. Questo perché, anche le decisioni si basano sulle emozioni.

E le emozioni sono informazioni.

Ricapitolando: le 10 competenze necessarie

Ecco quelle che sono le principali competenze per riuscire a entrare nel mondo del lavoro:

  1. Capacità decisionale: è capacità di analizzare dati e situazioni in modo da poter prendere decisioni;
  2. Capacità comunicative: solide capacità comunicative permettono di interagire con personalità diverse tra di loro;
  3. Creatività: skill unica, insostituibile e non ancora sorpassata;
  4. Flessibilità cognitiva: un approccio mentale a 360 gradi sarà l’unico modo per adattarsi ai rapidi cambiamenti di oggi. Se ti saprai muovere tra diversi modi di pensare imparare cose nuove;
  5. Gestione del personale: questa è una competenza richiesta ai manager di oggi e permette di ottenere il massimo dei risultati;
  6. Intelligenza emotiva: sviluppare una buona capacità di persuasione dialettica, sapersi sintonizzare con le emozioni altrui e adattare il proprio comportamento a seconda dello stato d’animo di colleghi e dipendenti è importante tanto per il manager quanto per il libero professionista;
  7. Capacità di negoziazione: sono quelle capacità interpersonali che permettono di gestire in modo efficiente l’interazione umana e le trattative sociali.
  8. Orientamento all’offerta: capacità che permette di anticipare quali saranno i bisogni futuri dei target di riferimento e di orientare di conseguenza i trend aziendali;
  9. Pensiero critico: skill necessaria per interrogarsi su ogni tema in oggetto, prendendo in considerazione pro e contro e valutando differenti approcci possibili.
  10. Problem-solving: significa saper analizzare contesti complessi che cambiano velocemente ed essere capaci di risolvere problemi riuscendo a vedere nel contempo sia il quadro generale sia i dettagli.


Comunicazione: approfondimenti

 

Articolo pubblicato il 1°settembre 2020 e aggiornato il 13 ottobre 2021

Sara Soliman

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Il Manifesto della Comunicazione non Ostile di Parole O_Stili compie 4 anni

Il Manifesto della Comunicazione non Ostile di Parole O_Stili compie 4 anni

Il 17 febbraio 2021 il Manifesto della comunicazione non ostile di Parole O_Stili compie 4 anni.

Nell’anno che si è da poco concluso abbiamo capito, con ancora più convinzione, quanto importanti siano le parole: queste possono terrorizzarci o caricarci di ansia ma possono anche unirci in una comunità solidale e inclusiva.

Qualche settimana fa ho firmato anch’io il Manifesto della Comunicazione non ostile di Parole o_Stili e mi impegno a promuoverne i princìpi e a diffonderli in rete.

Dopo aver approfondito il tema della comunicazione, parlando di netiquette, di comunicazione etica e di comunicazione empatica, parliamo oggi di questo progetto nato 4 anni fa a Trieste e che “ha l’ambizione di ridefinire lo stile con cui stare in rete e diffondere il virus positivo dello scelgo le parole con cura”.

Cos’è il Manifesto della Comunicazione Non Ostile di Parole O_Stili

Il Manifesto è un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole, un progetto che, tramite webinar e lezioni nelle scuole e nelle aziende, diffonde la cultura della scelta responsabile delle parole.

È una carta che elenca dieci princìpi di stile utili a migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in Rete con lo scopo di favorire comportamenti rispettosi e civili affinché il web diventi un luogo di crescita e confronto, non di scontro continuo.

Il Manifesto della comunicazione non ostile è un impegno di responsabilità che va condivisa, un impegno che tutti dovremmo assumere.

Basterebbe forse seguire il primo dei dieci principi per fare del web un luogo migliore:

Virtuale è Reale.
Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.

 

Manifesto comunicazione non ostile

 

La community di Parole O_Stili è sostenuta da decine di migliaia di persone, scuole e aziende che credono che le parole abbiano un peso e un valore.

Il progetto sottolinea il potere delle parole, che possono unire e commuovere ma anche ferire e allontanare.

“Le parole sono un ponte.”

Le parole che scegliamo dovrebbero avvicinarci agli altri, aiutarci a comprendere. La mia parola ponte è spiegami. E la tua?

In rete e nei social domina l’aggressività ed è sbagliato pensare che siano luoghi virtuali e per questo lontani dalla nostra realtà.

Sui social incontriamo persone reali, e le conseguenze delle nostre parole sono reali.

Per questo oggi, soprattutto sui social, dobbiamo stare attenti a come usiamo le parole.

Parole O_Stili ha l’ambizione di ridefinire lo stile con cui le persone stanno in Rete, vuole diffondere l’attitudine positiva a scegliere le parole con cura e la consapevolezza che le parole sono importanti.

Il Manifesto è stato poi declinato per diversi ambiti: per la politica, per la pubblica amministrazione, per le aziende, per l’infanzia, per lo sport, per la scienza e per l’inclusione.

Sul sito web puoi scaricare il Manifesto per ognuno di questi ambiti e condividerlo, affinché si generi un’abitudine ad agire e a scrivere pensando alle conseguenze.

La speranza è che il Manifesto che Parole O_ Stili ha creato e si impegna a diffondere e promuovere in tante iniziative, aiuti il web (e quindi i social) a diventare un luogo migliore, dove il rispetto reciproco sia alla base di ogni conversazione e ognuno abbia consapevolezza della portata delle proprie azioni.

Il Manifesto della Comunicazione non ostile per le aziende

Il Manifesto della Comunicazione non ostile per le aziende elenca 10 principi per un dialogo trasparente e sincero fra aziende, lavoratori, clienti e stakeholder.

I 10 principi a cui le imprese possono ispirarsi per gestire al meglio il dialogo sui social media e i rapporti online è stato realizzato dall’Associazione Parole O_Stili sotto la guida di Annamaria Testa e grazie alla collaborazione di numerose aziende, sensibili all’utilizzo di un linguaggio non ostile in rete e nella nostra quotidianità.

Consapevolezza, responsabilità, ascolto, rispetto, cura: sono solo alcune delle parole chiave che emergono nel Manifesto della comunicazione non ostile per le aziende.

Comunicazione Non Ostile per Aziende

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Cosa ho imparato dal mio lavoro di copywriter in questo difficile 2020

Cosa ho imparato dal mio lavoro di copywriter in questo difficile 2020

In questi ultimi giorni dell’anno siamo soliti parlare di propositi per l’anno nuovo.

Ho scelto invece di scrivere qui di ciò che ho capito e ho imparato in questo lungo e difficile anno.

Il 2020 è stato un anno complesso per tutti noi, in famiglia e con il lavoro. Abbiamo dovuto adattarci, metterci in gioco, reinventarci con speranza.

Nel mio piccolo ho dovuto cambiare prospettiva e fare delle scelte, riscoprendo alcuni lati di me e mettendo a frutto coraggio e perseveranza.

Il mio lavoro, la scrittura e la lettura mi hanno aiutata molto a superare i momenti di sconforto in cui inevitabilmente si cade quando le cose non vanno come vorresti o quando certe porte si chiudono.

Ecco quello che ho imparato dal mio lavoro in questo 2020:

1. Conta il cosa ma anche il come

Noi che ci occupiamo di scrivere contenuti per il web diciamo più o meno tutti le stesse cose, la differenza sta nel come le diciamo.

E le persone che ci seguono ci apprezzano tanto per le informazioni che trasferiamo quanto per il modo con cui le diamo.

Qualche giorno fa sono stata contattata telefonicamente da una signora che, dopo aver letto un mio articolo, mi ha chiesto una consulenza dicendomi che le era piaciuto proprio come l’articolo era stato scritto.

Per trasmettere competenza è necessario condividere informazioni utili con un linguaggio semplice, con una buona dose di empatia.

2. L’empatia non si può fingere

Ho parlato spesso di empatia nei miei articoli ma ho capito anche che non si può fingere di essere empatici.

L’empatia non è qualcosa che puoi far scattare per renderti avvicinabile e raggiungere il cliente. Nulla di più falso.

Empatici si è, ed è una grande qualità, perché permette di creare relazioni autentiche e di fiducia.

Ma empatici si può diventare, come ho spiegato in un recente articolo: bisogna imparare a mettersi nei panni dell’altro con umiltà.

3. Il potere dell’umiltà

L’umiltà, questa sconosciuta! La gentilezza e l’umiltà sono le basi della grandezza.

Anche se sei un punto di riferimento nel tuo mercato e persone meno esperte si rivolgono a te per un consiglio, rimani umile: ognuno di noi merita rispetto e ci eleviamo elevando gli altri, non demolendoli.

Ho chiuso rapporti con persone che sfoggiavano competenze e grandezza: con il tempo si impara a valutare le persone e alla base di ogni rapporto umano e lavorativo ci deve essere la fiducia, che nasce dall’affidabilità e dall’empatia.

4. C’è posto anche per te nel mercato

I clienti che ti contattano hanno sì bisogno del tuoi aiuto pratico ma scelgono te non solo per ciò che fai, ma anche per ciò che sei, per ciò che sai trasmettere loro.

L’affinità gioca un ruolo importante, hai solo bisogno di trovare chi apprezza chi sei.

5. Riposizionarsi sui social network

I social network sono come Giano Bifronte: se da un lato sono un ottimo strumento di autopromozione, dall’altro sono una melma fangosa da cui troppo spesso se ne esce pieni di rabbia.

In questo ultimo anno è cambiato il loro peso nella mia vita: il numero di follower e di like sono obiettivi effimeri.

La felicità si raggiunge con la gentilezza e lavorando per raggiungere i propri obiettivi, e non donando e ricevendo like.

6. La potenza di una risata

Quest’anno mi ha insegnato la pazienza. E la consapevolezza della potenza di una risata.

Qualcuno ha scritto che la risata è una frizzante santità: ci aiuta a respirare e ci restituisce fiducia in noi stessi, anche quando siamo spaventati o demoralizzati.

Ralph W.Emerson ha scritto che la persona più felice al mondo è quella che impara dalla natura le lezioni della preghiera.

Quindi uscite all’aperto, guardate in alto, guardate il cielo.
E camminate nel bosco, vi trasmetterà pace e sicurezza.
Provare per credere: è la potenza della natura.

Eccoci qui dunque, al 30 dicembre 2020. Si conclude un anno che spero abbia insegnato qualcosa a ognuno di noi.

Nella speranza di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati e con l’augurio di lavorare con passione e con gentilezza, vi abbraccio e vi aspetto nel mio blog anche l’anno prossimo!

 

Sara Soliman
AEsse Communication

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Assiomi della Comunicazione: le proprietà della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali

Assiomi della Comunicazione: le proprietà della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali

Per chi si occupa di comunicazione gli assiomi di Watzlawick rimangono un modello di riferimento per capire le dinamiche comunicative, anche nel lavoro

Comunicare con gli altri è una parte importante in ogni tipo di lavoro. Avere una comunicazione efficace permette di essere compresi e di raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo con l’atto comunicativo.

Per comunicare in modo efficace occorre innanzitutto ricordare che esistono regole comunicative universalmente prefissate. 

È inoltre importante saper ascoltare in modo attivo i propri interlocutori, prestando attenzione alle loro modalità espressive verbo-gestuali.

Tieni presente che ascoltare è cosa diversa da sentire. Senza ascolto non c’è comunicazione, perché diventa impossibile creare interazione tra le persone coinvolte.

Inoltre, anche ascoltando con attenzione potresti interpretare in modo non corretto il significato di ciò che ti stanno dicendo.

A tale scopo vediamo le implicazioni dei 5 Assiomi della Comunicazione di Paul Watzlawick, Janet H. Beavin e Don D. Jackson.

Assiomi della Comunicazione umana

Pragmatica della Comunicazione Umana, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Casa Editrice Astrolabio, Ubaldini Editore Roma, 2008. Disponibile su Amazon

Cosa significa comunicare?

Il termine comunicazione deriva dal latino com, cioè con, e munire, cioè legare e indica il trasferimento di informazioni. 

Nel suo significato originale, comunicare significa mettere in comune, cioè condividere pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti con gli altri.

Parliamo cioè di comunicazione interpersonale, quel tipo di comunicazione che vede come protagonisti due o più individui e che si basa su una relazione in cui gli interlocutori si influenzano reciprocamente, anche se spesso senza rendersene conto. 

Tipi di Comunicazione

È possibile distinguere tre diversi tipi di comunicazione:

1. Comunicazione verbale

Riguarda la scelta delle parole e la costruzione logica delle frasi, secondo le strutture grammaticali e sintattiche della propria lingua.

La comunicazione verbale (CV) utilizza un codice digitale fatto di segni arbitrari, cioè di simboli utilizzati convenzionalmente per designare una determinata parola.

È il livello che indica ciò che si dice o, nel caso della comunicazione scritta, ciò che si scrive.

2.  Comunicazione non verbale

Riguarda tutto quello che si trasmette attraverso la propria postura e i propri movimenti o attraverso la posizione che si occupa nello spazio.

Comprende inoltre mimiche facciali, sguardi, gesti e posture. Ma anche andature e abbigliamento. È il cosiddetto linguaggio del corpo.

La comunicazione non verbale (CNV) utilizza un codice analogico, riproducendo per immagini ciò a cui fa riferimento. 

3.  Comunicazione paraverbale

Essa riguarda la voce (tono, volume, ritmo), ma anche le pause, le risate, il silenzio ed altre espressioni sonore, come ad esempio tamburellare sul tavolo o emettere suoni. 

Riguarda il modo in cui la comunicazione viene espressa.

Nel messaggio scritto la comunicazione paraverbale riguarda l’uso della punteggiatura, che ha lo scopo di inserire il ritmo della frase.

Sia il non verbale che il paraverbale inviano messaggi spesso inconsapevoli e di tipo emotivo.

Scuola di Palo Alto: i 5 Assiomi della Comunicazione Umana di Paul Watzlawick

Nel 1967, lo psicologo Paul Watzlawick e altri importanti esponenti della Scuola di Palo Alto pubblicarono l’esito delle loro importanti ricerche in Pragmatica della comunicazione umana*, volume che tuttora rappresenta il principale punto di riferimento nel mondo della comunicazione interpersonale.

Secondo gli autori gli esseri umani comunicano tutti i giorni, attraverso parole o gesti, più o meno consapevolmente, per descrivere fatti ed eventi e per intraprendere relazioni sociali.

Gli assiomi, nel linguaggio filosofico e matematico, sono delle verità evidenti e indiscutibili alla base di numerose dimostrazioni e teoremi.

Paul Watzlawick, J. H.Beavin e D. D. Jackson definiscono gli assiomi della comunicazione come:

“alcune proprietà semplici della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali”.

Comunicazione Assiomi

I 5 Assiomi della Comunicazione individuati da Watzlawick, Beavin e Jackson  

I tre studiosi ne hanno individuati cinque. Vediamoli brevemente e cerchiamo di capire le loro influenze sulla comunicazione.

1°Assioma: non si può non comunicare

La non-comunicazione è impossibile, perché qualsiasi comportamento comunica qualcosa di noi ed è impossibile avere un non-comportamento. 

Il comportamento ha dunque valore di messaggio.

Anche una persona passiva e silenziosa trasmette la volontà di non comunicare e sta comunque inviando un messaggio. Comunica di non voler comunicare. 

“L’attività,le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri, e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro”.

La comunicazione può essere dunque involontaria, non intenzionale, non conscia e anche inefficace, ma avviene comunque.

2°Assioma: all’interno di ogni comunicazione si possono individuare due livelli

“Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione”.

Watzlawick afferma che esistono due livelli di comunicazione.

Il primo è quello del contenuto, e indica cosa stai comunicando, il secondo è quello della relazione, e indica il tipo di relazione che vuoi instaurare con la persona a cui ti rivolgi. 

I messaggi che gli esseri umani si scambiano tra loro non possono essere considerati semplici trasmissioni di informazioni. 

Oltre al contenuto oggettivo del linguaggio, ossia i dati che esso trasmette in superficie, c’è anche un aspetto che definisce la relazione stessa dei soggetti interessati.

In sostanza, conta “che cosa diciamo” e anche “come lo diciamo”. 

Ogni comunicazione comporta di fatto un aspetto di metacomunicazione che determina la relazione tra i comunicanti. 

“La capacità di metacomunicare in modo adeguato non solo è conditio sine qua non della comunicazione efficace, ma è anche strettamente collegata al problema della consapevolezza di sé e degli altri”.

Ad esempio, un individuo che proferisce un ordine, oltre al contenuto (cioè la volontà che il destinatario del messaggio compia l’azione indicata), esprime anche il tipo di relazione che intercorre tra chi comunica e il suo destinatario, in questo caso quella di superiore/subordinato.

3°Assioma: la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura della sequenza degli eventi

La comunicazione comprende diverse versioni della realtà, che si creano e modificano durante l’interazione tra più individui. 

Queste diverse interpretazioni dipendono dalla punteggiatura della sequenza degli eventi, ossia dal modo in cui ognuno tende a credere che l’unica versione possibile dei fatti sia la propria. 

Nella vita di coppia, per esempio, il rischio è quello di osservare la situazione esclusivamente dal proprio punto di vista, usando cioè la propria punteggiatura e non riuscendo a cogliere quella dell’altro. 

La punteggiatura (o, semplicemente, il punto di vista) determina i comportamenti ed è quindi alla radice dei conflitti di relazione.

4°Assioma: la comunicazione avviene attraverso i canali verbali e non verbali. Il primo utilizza modalità digitali, il secondo criteri definiti analogici

La comunicazione digitale riguarda l’uso delle parole, cioè dei segni convenzionali usati per designare qualcosa. 

Ciò che caratterizza questo tipo di comunicazione è l’arbitrarietà tra le parole e ciò che rappresentano. Cioè, nel linguaggio verbale la cosa matita corrisponde al nome matita. 

La comunicazione analogica (ad esempio un’immagine) si basa invece sulla somiglianza (detta appunto analogia) tra la comunicazione in essere e l’oggetto stesso della comunicazione.

Cos’è dunque la comunicazione analogica? È ogni comunicazione non verbale, che però va valutata considerando il contesto in cui ha luogo l’interazione (come l’espressione del viso o la cadenza delle parole).

È bene ricordare che la comunicazione analogica ha le sue radici in periodi arcaici dell’evoluzione e la sua validità è quindi molto più generale del modulo numerico della comunicazione verbale, più astratto e relativamente recente.

L’uomo è il solo organismo che si conosca (ma anche delfini e balene) che usi moduli di comunicazione sia analogici che numerici.

Questo fatto è molto importante perché tale tipo di linguaggio, scrive Watzlawick:

“serve a scambiare informazioni sugli oggetti, oltre ad aver la funzione di trasmettere la conoscenza di epoca in epoca”.

I due sistemi sono congruenti tra loro, ed è questo un elemento a cui facciamo riferimento nel corso delle nostre interazioni con gli altri. 

Se una persona afferma di essere interessata a ciò che stiamo dicendo ma guarda altrove, si verifica una discrepanza tra il contenuto e la forma che mina l’esito della conversazione stessa.

5°Assioma: gli scambi comunicativi sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza

Si ha un’interazione simmetrica quando gli interlocutori si considerano sullo stesso piano, e quindi di pari livello.

In questo caso i soggetti tendono a rispecchiare uno il comportamento dell’altro, arrivando spesso ad accesi scontri, considerandosi sullo stesso piano.

L’interazione complementare, al contrario, si verifica quando gli interlocutori non si considerano sullo stesso piano.

Ciò emerge chiaramente dai loro scambi, che pongono uno dei due in una posizione di superiorità e l’altro in una posizione subordinata.

Ne sono un classico esempio le interazioni tra dipendenti e datori di lavoro.

Concludendo, l’impossibilità di non comunicare rende comunicative tutte le situazioni interpersonali che coinvolgono due o più persone.

L’ambiguità, spesso inevitabile, si forma proprio nei problemi di traduzione da un modulo all’altro che il trasmettitore e il ricevitore devono affrontare.

La conoscenza dei 5 Assiomi della comunicazione è molto importante per chi si occupa di comunicazione, giornalismo o web-marketing perché consente di comprendere e di gestire situazioni di conflitto che si formano, inevitabilmente, nelle interazioni.

Potresti leggere anche:

Testo di riferimento:
*Pragmatica della Comunicazione Umana, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Casa Editrice Astrolabio. Lo trovi su Amazon

Creo e gestisco contenuti per blog e siti web e scrivo testi ottimizzati SEO per migliorarne il posizionamento sui motori di ricerca.

Da qualche anno tengo Corsi di Comunicazione e scrittura per il web per scuole e privati.

Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo, amo da sempre leggere e andare in montagna, palestra di vita.

Sara Soliman

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Le Community: cosa sono e come si gestiscono. Scopri perché sono fondamentali per il successo del tuo brand

Le Community: cosa sono e come si gestiscono. Scopri perché sono fondamentali per il successo del tuo brand

Con le Community si creano le basi per una comunicazione più autorevole e coinvolgente.
Gestirle richiede tempo, cura e capacità di ascolto.

Oggi le Community sono sempre più diffuse e rappresentano un elemento fondamentale all’interno della costruzione di un piano di social media marketing.

Al di là del web, le community sono sempre esistite. Faccio riferimento a un gruppo in cui le persone sono legate da interessi comuni e su questi interessi si scambiano opinioni e parlano delle loro esperienze.

Basta pensare alle nostre mamme, che quando ci aspettavano fuori da scuola e tra di loro chiacchieravano e si scambiavano idee, opinioni ed esperienze su di noi bambini.

Ma anche su alcuni settimanali si trovano le community, rubriche tematiche dove un moderatore raccoglie lettere alle quali può rispondere ogni iscritta/o

Come sono oggi le community nel mondo del web? Per cosa si caratterizzano? Come nascono?

Scopriamo insieme i diversi elementi che compongono la social community e il perché sono così importanti per il tuo business online.

Cosa sono le social community

Quando si parla di social community si fa riferimento ad un insieme di individui che interagiscono attorno ad uno scopo, un obiettivo condiviso, un interesse comune e dove le interazioni sono supportate dalla tecnologia dei social media.

Gli utenti che fanno parte del tuo gruppo devono rispecchiare e condividere i valori e la mission della tua attività.

Per dirlo con parole semplici si tratta di creare un rapporto più stretto, un legame più duraturo e confidenziale con le persone che ti seguono.

 

caratteristiche di una community

I diversi fattori che caratterizzano una community

 

La social community si caratterizza per:

  1. Strategia: è da qui che nasce una community. Se la strategia è ben elaborata consente di selezionare i giusti canali ed elaborare contenuti utili e pertinenti per gli utenti che ne fanno parte;
  2. Interazione tra gli utenti che ne fanno parte;
  3. Interesse comune: è l’elemento che tiene insieme le persone che fanno parte della community;
  4. Comunicazione: gli utenti devono poter comunicare con il gestore, tra di loro e con i vari gruppi;
  5. Condivisione dei valori che stanno alla base dell’attività online;
  6. Condivisione della mission del business.

Il valore aggiunto della social community è rappresentato dal senso di appartenenza che innesca.

La community risponde alla necessità di sentirsi meno isolati all’interno di un mondo virtuale dove si rischia di perdersi

Gli utenti che fanno parte di una community hanno diverse caratteristiche in comune, caratteristiche molto utili per individuare un target di riferimento.

L’interesse in comune può riguardare:

  • Lavoro;
  • Fidelizzazione per un brand;
  • Interesse o passione per lo sport, la cucina, i viaggi, il design etc.;
  • Interesse per uno specifico influencer o vip;
  • Il luogo dove si vive o si lavora;
  • Tipologia di vita legata a condizioni specifiche (mamma, freelance).

Per saperne di più sul concetto di Target potresti leggere: Per farti trovare dai tuoi potenziali clienti devi conoscere il tuo target di riferimento: le Buyer Personas

Community blog

Molti blogger si limitano a pubblicare contenuti sul proprio blog e ignorano l’importanza di creare una community intorno ai propri contenuti.

Quella fetta di pubblico fedele, attenta e partecipativa è fondamentale per il successo del tuo blog.

Per creare una community intorno al tuo blog ti consiglio di:

  • rispondere ai commenti, a tutte le persone che ti chiedono un parere o il supporto per risolvere un problema. Rispondi anche ai lettori che lasciano la loro idea o opinione;
  • chiedi il parere dei tuoi lettori, basta che lasci a fine dell’articolo una call to action per smuovere l’attenzione. Questo li farà sentire più coinvolti e saranno più partecipativi;
  • coinvolgi chi partecipa, coinvolgili in modo attivo nei tuoi articoli. Alcuni commenti possono essere un trampolino di lancio per i tuoi prossimi articoli o darti un’idea valida.

D’altronde il successo del tuo blog è legato alla presenza di persone che si rispecchiano in te, persone attente e che hanno voglia di leggere il tuo blog.

Come nascono e si gestiscono

Prima di aprire una community online è importante fissare alcuni punti essenziali:

  1. Definisci gli obiettivi
  2. Definisci la sua natura
  3. Sviluppa una strategia
  4. Individua il canale giusto

Costruire, lanciare e mantenere una web community non è affatto semplice.

La prima domanda da porsi riguarda sempre quale possa essere lo scopo che può tenere insieme i membri.

 

Puoi creare un gruppo privato su Facebook o su Telegram o creare un profilo privato su Instagram.

L’importante è che riunisci le persone in un “luogo” dove solo le persone realmente interessate entrano e fruiscono dei tuoi contenuti.

Un luogo protetto in cui interagisci in modo diverso rispetto al tuo profilo o al tuo blog pubblico.

 

cosa serve per creare una community

Fattori determinanti per creare e gestire una community: tempo, costanza, ascolto e cura

 

5 consigli per gestire la tua Community

All’interno della tua community puoi:

  • essere più informale;
  • condividere diversi aspetti di te;
  • creare una vera e propria relazione con i tuoi utenti.

Per gestirla al meglio:

  1. Fissa delle regole per definire ciò che gli utenti possono o non possono fare.
    L’insieme delle regole sulla Rete si chiama netiquette e deve essere accessibile per la visione a tutti i membri;
  2. Stabilisci un piano editoriale che tenga in considerazione la necessità di coinvolgere la tua community attorno al tuo business, senza risultare troppo invasivo;
  3. Inserisci post promozionali, sessioni di Q&A con esperti, immagini, meme, grafici informativi e video;
  4. Ascolta i tuoi utenti e rispondi ai loro commenti;
  5. Fai sentire i tuoi utenti parte di un gruppo. In questo modo si sentiranno liberi di interagire fra di loro e di scambiarsi opinioni e consigli legati al tuo business.

 

Il ruolo delle community nel marketing

La community è uno strumento che, se usato in modo efficace, permette di creare valore per il tuo business grazie al ricorso di attività e strumenti di comunicazione volti a fidelizzare l’utente e ad aumentare la competitività del tuo business sul mercato.

La community, per esempio, può essere integrata con campagne online o on site. Oppure può partecipare ad un evento in cui incontrare il proprio influencer preferito.

Analizzarne i dati può essere molto utili per comprendere al meglio il proprio target di riferimento.

Infatti, il community marketing elimina le barriere e collega il tuo business con i tuoi utenti per trasformarli in alleati, partner alla pari.

Inoltre, i social media sono le piattaforme su cui il community marketing dà il meglio.

Questo perché si dispone di un bacino d’utenza più grande rispetto al blog e l’engagement risulta più veloce.

Chi è e cosa fa il Community Manager

Il Community Manager è colui che gestisce la vita quotidiana della community, modera il dialogo e favorisce una conversazione positiva intorno al tuo business.

community manager

Il Community Manager intercetta, condivide e monitora

 

Il Community Manager:

  • Intercetta la tua community online e individua i canali migliori per la tua attività;
  • Condivide i contenuti più interessanti per gli utenti;
  • Monitora la community e la aggiorna in modo costante su tutti gli avvenimenti più importanti e rilevanti;
  • Aumenta il traffico e le vendite online;
  • Si occupa del customer care che incide a sua volta sulla brand reputation. Il 42% degli utenti si aspetta una risposta entro un’ora dalla richiesta e il 71% dei consumatori che ricevono una risposta rapida e che li soddisfa sono molto più propensi ad acquistare e a consigliare il prodotto.

La qualità del lavoro del community manager non si valuta solo in base al numero di “like” della pagina Facebook, il vero obiettivo è la conversazione, il coinvolgimento, le interazioni.

I vantaggi per il tuo business

Avere una community legata al tuo business può portarti diversi vantaggi:

  1. Rappresenta un canale diretto con le persone che ti seguono, è un canale più ravvicinato rispetto ad un semplice profilo;
  2. Risulta più semplice proporre nuovi prodotti e servizi;
  3. Puoi coinvolgere la tua community anche in altri progetti (canale YouTube, partecipazione ad un evento; pubblicazione di un libro);
  4. Puoi ampliare il tuo pubblico;
  5. Riesci a fidelizzare il tuo pubblico;
  6. Migliora la SEO in modo naturale;
  7. Migliora il traffico verso il tuo sito/business;
  8. Ottieni visibilità;
  9. Puoi estrarre e analizzare dati;
  10. Migliori la tua reputation;
  11. Sarai un referente di settore.

Spero che il mio post possa esserti stato d’aiuto per capire l’utilità della community per il tuo business on-line: ricorda che i rapporto umano, anche se virtuale, avvicina le persone al brand.

Se hai bisogno di un consiglio non esitare a contattarmi nel team di AEsse Communication.

Potrebbe interessarti anche: Customer Care: cos’è, vantaggi ed errori da evitare

 

Articolo a cura di Giorgia Bozzetti
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Il Marketing della Gratitudine: fiducia, empatia e servizio per consolidare le relazioni

Il Marketing della Gratitudine: fiducia, empatia e servizio per consolidare le relazioni

Oggi il marketing, per essere efficiente, deve essere più umano. E deve basarsi su empatia, servizio e onestà, come sottolinea Seth Godin.

Siamo sempre stati portati a pensare al marketing come a una funzione aziendale che cura il rapporto tra l’azienda e il mercato in ottica esclusivamente utilitaristica.

O, più precisamente, come a un insieme di strategie che mirano a soddisfare gli obiettivi aziendali.

Ma il marketing non è solo questo, o forse lo era.

Quel che è certo è che oggi non lo è più.

“Il marketing è l’atto generoso di aiutare le persone a risolvere un problema”.

Così scrive Seth Godin nel suo ultimo libro Questo è il marketing. Non puoi essere visto finché non impari a vedere, ROI Edizioni.

Al posto del marketing utilitaristico di massa, il marketing efficace si basa oggi sulla fiducia, sull’empatia e sul servizio.

Implica pazienza, onestà e rispetto.

Dobbiamo abituarci all’idea di un marketing più umano, che non vuol dire solo un marketing fatto per le persone, ma vuol dire fatto con umanità.

Hai mai sentito parlare del marketing della gratitudine? Gli americani lo chiamano gratitude marketing.

Oggi voglio parlarti proprio di questo: dell’atto di donare e di quanto possa fare bene a te e alla tua impresa.

Gratitudine Marketing: “Io ho quel che ho donato”

Era da tempo che desideravo scrivere su questo argomento, perché ci credo molto.

Tempo fa ho letto una bellissima frase scolpita sul muro di cinta del Vittoriale degli Italiani (la residenza di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, in provincia di Brescia):

“Io ho quel che ho donato”.

Fermiamoci a riflettere, è una frase che contiene il senso di quello che voglio dirti oggi.

Anche perché sembra proprio che dietro al successo di molte persone, oltre all’impegno e alla determinazione, vi siano vite intere dedicate al donare.

Io ho quel che ho donato

Vittoriale degli Italiani, residenza del poeta Gabriele D’Annunzio a Gardone Riveria (Brescia)

 

Cerchiamo di capire se ciò risponde al vero e come sia possibile applicare al marketing il tema del dono e della gratitudine.

Allontaniamoci da quell’ideologia calcolatrice e utilitaristica, che ha come metro di parametro nulla più del do ut des, e ipotizziamo la gratuità, il dono.

“A che pro? Quale è il tornaconto?” mi dirai.

Affermare che si ha quanto si ha donato potrebbe sembrare un paradosso, ma solo se ci poniamo in una prospettiva calcolatrice e lontana dal marketing umano che ci impegniamo a costruire.

In una visione di società empatica, il dono ha un suo senso ed una sua precisa ragione.

Donare è mettere in comune, condividere è offrire una parte della nostra vita o del nostro lavoro, perchè la nostra ricompensa è già nel nostro stesso gesto di dare agli altri.

 

Il Dono nel Marketing

Il saper donare è ciò che più di ogni altra attività ti consentirà di avere dei ritorni veramente importanti.

E non avrai dei ritorni solo dalle persone a cui tu stesso hai donato, bensì dalla vita stessa.

Il dono può far ottenere grandissimi risultati proprio a chi lo attua.

Certo, inserire il dono nel marketing è fatto nell’ottica di ottenere qualcosa in cambio, e così è, anche se non è detto che il ritorno sia immediato.

Anche aspettarsi qualcosa in cambio per un regalo fatto è un sentimento umano.

Ma c’è dell’altro. I sociologi spiegano che il dono è l’oggettivazione sociale più compiuta della relazione.

Il dono, attivando il circuito sociale del donare-ricevere-ricambiare rende funzionanti le reti relazionali in cui circola e mantiene viva la relazione.

 

Il Principio della Reciprocità 

Anche Robert Cialdini, nel suo libro “Le Armi della Persuasione” mette a fuoco un principio molto importante: il principio della reciprocità.

Il principio della reciprocità è un meccanismo spontaneo, uno dei 6 principi base della comunicazione persuasiva. Gli altri sono coerenza, riprova sociale, simpatia, autorità, scarsità.

Sono tutti principi che fanno parte della nostra vita senza che ce ne rendiamo conto ma che orientano quotidianamente i nostri comportamenti, in relazione anche a decisioni e scelte d’acquisto.

È un testo che ti suggerisco di leggere: è molto utile per migliorare la tua capacità di relazionarti, anche con i tuoi clienti.

Cialdini afferma che, quando ricevi un regalo di valore e inatteso, ti senti automaticamente in dovere di ricambiare.

Non è solo il risultato dell’educazione ricevuta, ma è anche un sentimento che tutte le persone provano, una sorta di concetto del ricambio.

Inoltre, scatta immediatamente il nostro senso di colpa che ci induce a donare qualcosa all’altro o a restituire in qualche modo il favore per riportare la situazione in parità e non essere più in debito.

 

La gratitudine nel marketing

Se contestualizziamo il tema della gratitudine nel marketing, scopriremmo che donare ed esprimere gratitudine, facendo leva sulla legge della reciprocità di cui ha parlato Robert Cialdini, ci porterà a implementare un’ottima strategia di marketing.

Prova a pensarci e applicalo alla tua quotidianità professionale.

Quali azioni di marketing della gratitudine potresti fare per far sì che anche i clienti sentano una spinta motivazionale tale da ricambiare quanto fatto per loro?

Sei un ristoratore?

Offri uno stuzzichino o un assaggio di un piatto qualsiasi: i tuoi ospiti saranno propensi a spendere di più. O a ordinare una bottiglia di vino.

Vendi vino e organizzi delle degustazioni nella tua cantina?

Accogli gli ospiti offrendo loro il primo calice e vedrai che le persone saranno disposte a comprare di più dal tuo wine-shop. E se non lo fanno subito conserveranno un ricordo di te molto positivo e parleranno bene di te, magari sui canali social.

Gestisci un B&B?

Regala un buono sconto di qualche negozio a te affiliato o sul noleggio di biciclette: è un bel modo per accogliere i turisti ed è il primo passo per creare una relazione di affiliazione.

Ricorda che donare fa bene a se stessi perché rilascia endorfine e fa felice chi riceve il dono perché si sente speciale.

E tu, non vuoi che i tuoi clienti si sentano speciali grazie a te?

In questo modo vedrai che il mondo, prima o poi, si accorgerà di te.

Sono modi di agire che fanno star bene te e che, nel medio o lungo periodo, ti possono far ottenere dei risultati interessanti.

Puoi anche cominciare a compiere delle azioni più personali, ad esempio ricordarti del compleanno di un ospite, magari mandando un biglietto o un e-mail personale.

A me arrivano gli auguri di buon compleanno dalle strutture in cui ho soggiornato in vacanza d’estate e, ti assicuro, ogni volta penso di tornarci.

Essere ricordati fa piacere.

È un gesto di marketing? Lo so, ma significa lavorare nella direzione giusta, e non lo fanno in molti.

Sono queste le cose che, anno dopo anno, consolidano la relazione.

E sono comportamenti che possono favorire, in qualche modo, la legge della reciprocità.

 

Gratitude Marketing

Gratitude Marketing

Spero che ciò che ho condiviso con te possa darti degli spunti per poter cominciare a mettere in atto tutte le azioni necessarie affinché il marketing della gratitudine inizi a darti dei risultati.

Una cosa è certa: strutturare una strategia che possa considerare il marketing della gratitudine è la migliore strada da perseguire per ottenere dei risultati.

È un modo di porti che ti dà una prospettiva nuova e, soprattutto, fa percepire il tuo valore ai tuoi clienti.

Se hai bisogno di qualche suggerimento per la tua attività non esitare a contattarmi e sarò felice di darti i consigli più appropriati.

 

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Creo e gestisco contenuti per blog e siti web e scrivo testi ottimizzati SEO per migliorarne il posizionamento sui motori di ricerca.

Da qualche anno tengo Corsi di Comunicazione e scrittura per il web per scuole e privati.

Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo, amo da sempre leggere e andare in montagna, palestra di vita.

Sara Soliman

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