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Promuovi il tuo lavoro con una Comunicazione Etica: la Netiquette e la scrittura etica

Promuovi il tuo lavoro con una Comunicazione Etica: la Netiquette e la scrittura etica

Chi scrive sul web dovrebbe attenersi sempre ad un’etica, nel rispetto del lettore ma anche della parola, proprio perché ne comprende la forza e il valore.

Sono in molti a chiedersi se esistono delle regole che stabiliscono quale sia la buona comunicazione. Una comunicazione etica intendo, quella comunicazione che funziona proprio perché si fonda nel rispetto dell’altra parte.

Ormai lo abbiamo visto: non possiamo non comunicare.

A questo proposito ho scritto un articolo sugli Assiomi della Comunicazione, dove spiego alcune proprietà della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali.

Possiamo comunicare bene oppure male. Non solo nel senso dell’efficacia e della chiarezza, ma anche nello scopo di raggiungere un’intesa, per venire compresi e per comprendere.

È a questo scopo che parliamo di comunicazione etica.

Ricordiamo poi che il virtuale non è altro che un potenziamento della realtà. Molti pensano che scrivere grazie a una tastiera non sia l’equivalente di parlare, ma non è così.

All’interno di questa realtà virtuale divenuta quasi una realtà parallela, emergono anche per gli abitatori della rete (netsurfers) criteri morali da assumere, quell’insieme di comportamenti che devono essere adottati quando si naviga in rete. 

A questo proposito sono state elaborate diverse prescrizioni: alcune si fondano su argomenti di carattere giuridico, altre su motivi di opportunità o su sollecitazioni morali, altre ancora si fondano su esigenze legate alle buone maniere.

Vediamone alcune.

Linee guida per l’utente che usa la Rete: i Dieci Comandamenti di Arlene Rinaldi

Arlene Rinaldi (Florida Atlantic University) ha tentato di fissare prescrizioni elaborando gli ormai noti “dieci comandamenti” che dovrebbero essere rispettati da chiunque usa un computer.

In questo caso, più che di etica dobbiamo parlare dunque di netiquette.

È essenziale che ciascun utente della rete riconosca le responsabilità insite nel fatto di avere accesso a un gran numero di servizi, siti, sistemi e persone. 

Ma va ricordato che, come scrive Arlene Rinaldi:

Il fatto che un utente possa compiere una determinata azione non implica necessariamente che debba compierla.

Inoltre:

L’uso della rete è un privilegio, non un diritto, e potrebbe essere temporaneamente revocato in qualunque momento a causa di una condotta scorretta.

Quella di Arlene Rinaldi è una curiosa parafrasi della nota Tavola dei dieci comandamenti.

Si tratta delle prime regole apparse in Rete, oltre 20 anni fa, per cercare di regolamentare l’utilizzo di Internet e dei computer più in generale.

Questi sono i dieci comandamenti dell’etica sull’uso dei computer così come sono stati pensati da Arlene Rinaldi nella ormai famosa (almeno per gli addetti ai lavori) The Net – Guida per l’utente e Netiquette.

I dieci comandamenti dell’etica sono i seguenti:

  1.  Non userai un computer per danneggiare altre persone.
  2.  Non interferirai con il lavoro al computer di altre persone.
  3.  Non curioserai nei file di altre persone.
  4.  Non userai un computer per rubare.
  5.  Non userai un computer per portare falsa testimonianza.
  6.  Non userai o copierai software che non hai dovutamente pagato.
  7. Non userai le risorse di altri senza autorizzazione.
  8. Non ti approprierai del risultato del lavoro intellettuale altrui.
  9. Penserai alle conseguenze sociali dei programmi che scrivi.
  10. Userai il computer in modo da dimostrare considerazione e rispetto.


Esempi di azioni scorrette:

  • Depositare informazioni illegali su un sistema;
  • L’uso di linguaggio irrispettoso in conversazioni pubbliche o private;
  • Lo spedire messaggi che molto probabilmente provocheranno la perdita del lavoro o dei sistemi dei destinatari;
  • Lo spedire “lettere a catena” o messaggi “broadcast” (spediti in copia a tutti) a liste o a gruppi di utenti;

e qualunque altro tipo di uso che possa causare la congestione delle reti o in altro modo interferire nelle attività altrui.

Comunicazione Etica

Scrittura Etica

Comunicare e scrivere sono atti di condivisione e di crescita comune: devono essere fondati su valori di rispetto, trasparenza e lealtà.

Consigli per scrivere in modo etico:

  1. Condividi contenuti di valore
  2. Sii autentico e originale
  3. Non offendere e sii sempre gentile
  4. Studia e sii competente
  5. Scegli le parole con cura
  6. Permettiti di criticare solo se è utile

Il progetto di Scrittura Etica intende diffondere, attraverso una serie di azioni concrete e di iniziative, una vera educazione all’uso consapevole della scrittura, strumento espressivo del nostro grado di civiltà.

Il manifesto di Scrittura Etica ci ricorda che:

“Tutte le volte in cui utilizzi la scrittura per denigrare, attaccare, offendere ne stai facendo un uso improprio.
Sia che si tratti di attacco diretto a commenti, opinioni, pensieri espressi da altri;
sia che – ancor peggio – siano illazioni occulte, disseminate tra le righe:
sembrano innocue ma in realtà mirano ad ottenere un effetto comunque di attacco,
a mettere in cattiva luce qualcuno o qualcosa.
La scrittura è strumento di espressione, di crescita, di divulgazione;
non va piegata ai propri piccoli obiettivi personali, non va strumentalizzata.
Chi scrive deve o dovrebbe attenersi sempre ad un’etica;
avere il massimo rispetto per la parola scritta proprio perché ne comprende la forza e il valore.”

Testo tratto da Il manifesto della Scrittura Etica

Etica della comunicazione secondo Andriano Fabris

In realtà è molto difficile stabilire norme precise che regolamentino l’utilizzo dei mezzi informatici, sia sul piano etico sia sul piano giuridico (il confine tra i due è spesso molto labile), soprattutto a causa dell’impossibilità materiale di controllare ed eventualmente sanzionare infrazioni alle norme stesse. 

Sul piano etico è stata scelta la strada dell’autoregolamentazione, sia da parte dell’utente sia da parte del provider o fornitore di beni/servizi informatici e telematici. 

Sul piano giuridico i singoli Stati e la stessa Unione Europea hanno cercato di delineare l’ambito e di stabilire regole il più precise possibili e sanzioni applicabili. 

Tuttavia i codici non bastano a dettare legge e dovrebbe essere il buon senso di ciascun navigante a stabilire cosa condividere e cosa no.

Secondo Adriano Fabris (professore di Filosofia morale all’Università degli Studi di Pisa) bisogna invece fornire le motivazioni e stabilire perché bisogna compiere determinati atti piuttosto di altri.

Etica di internet ed etica in internet

L’etica in Internet con il suo rinvio alla responsabilità di ciascun soggetto connesso, si occupa di questo. Ma non basta.

Per giustificare l’adozione di determinati comportamenti l’etica in Internet deve essere a sua volta collocata in un contesto più generale, quello dell’etica di Internet.

Quest’ultima deve esibire i principi generali presupposti dalle scelte concrete. Fondare tali principi è compito della più generale etica della comunicazione.

Ecco che accanto al galateo in Internet vi sono dei regolamenti che danno delle indicazioni sui modi in cui certi testi multimediali devono essere scritti.

Si veda nel caso del blog, di una email, di una chat o di un sito come tenere un comportamento corretto e rispettoso sia alla base della “buona convivenza” in una comunità virtuale.

Dal momento che Internet non è gestito da un ente supervisore, unico e riconosciuto, la responsabilità di quanto pubblicato online ricade sul singolo, sui programmatori o sulle aziende.

Pertanto è il singolo individuo che, nel rapportarsi con la virtualità, deve impegnarsi a seguire un comportamento etico.

A questo punto dell’articolo sappiamo bene a cosa mi riferisco, sei d’accordo? Se hai trovato interessante questo articolo mi piacerebbe scambiare due parole con te, lasciami un commento nel box qui sotto!

Ti consiglio un libro:

  • Fabris Adriano, Etica della Comunicazione, Carocci, Roma, 2010

Articolo pubblicato il 13.01.2021, rivisto e aggiornato il 02.11.2023

Creo e gestisco contenuti per blog e siti web e scrivo testi ottimizzati SEO per migliorarne il posizionamento sui motori di ricerca.

Da qualche anno tengo Corsi di Comunicazione e scrittura per il web per scuole e privati.

Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo, amo da sempre leggere e andare in montagna, palestra di vita.

Sara Soliman

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Il processo comunicativo efficace: caratteristiche, implicazioni e barriere

Il processo comunicativo efficace: caratteristiche, implicazioni e barriere

Per comunicare in modo efficace e consapevole è necessario prima di tutto saper ascoltare il nostro interlocutore e limitare al minimo le barriere delle comunicazione

Noi tutti comunichiamo e attiviamo, spesso anche senza rendercene conto, processi di scambio e relazione reciproca con il nostro interlocutore.

Comunicare in modo efficace significa saper esprimere il proprio pensiero in ogni situazione, sia a livello verbale che non verbale (espressioni del viso, tono di voce, gestualità) in modo chiaro e coerente.

Ma soprattutto significa fare in modo di essere compresi dal nostro interlocutore.

Importante è conoscere quali sono e come influiscono le barriere della comunicazione sull’efficacia della comunicazione stessa e della relazione.

Dal momento che non si può non comunicare perché lo stesso silenzio comunica il desiderio di non comunicare, è bene tenere a mente quelle semplici regole della comunicazione note come gli Assiomi di Watzlawick (o Assiomi della Comunicazione).

Saper comunicare in modo efficace è importante tanto in campo lavorativo quanto in campo esistenziale.

In campo lavorativo comunicare in modo efficace ci permette di evitare errori e incomprensioni, di migliorare la qualità delle nostre relazioni e quindi il rapporto con colleghi e clienti.

In campo esistenziale la comunicazione efficace ci aiuta a migliorare il rapporto con le persone e con noi stessi, migliorando la qualità della nostra vita.

Vediamo insieme scopi e finalità di una comunicazione efficace, come limitare le barriere della comunicazione e come migliorare il nostro processo comunicativo.

Scopi della comunicazione

Una comunicazione efficace ha 4 finalità:

  1. Trasmettere un messaggio comprensibile e coerente;
  2. Migliorare il livello di comprensione del messaggio;
  3. Assicurarsi che l’altro abbia compreso;
  4. Agevolare il processo di relazione.

Vediamoli uno per uno.

1. Trasmettere un messaggio comprensibile e coerente

Quando parliamo non abbiamo la garanzia che il contenuto venga compreso, né che quanto detto giunga al nostro interlocutore in maniera coerente con le nostre intenzioni.

Affinché ci sia vera comprensione dobbiamo far in modo che la nostra comunicazione sia:

  • chiara, facilmente comprensibile al nostro interlocutore;
  • concisa, meglio evitare messaggi troppo lunghi;
  • concreta, ossia supportata da esempi reali;
  • veritiera, perché se vogliamo creare una relazione autentica non ha alcun senso mentire.

2. Migliorare il livello di comprensione del messaggio

Per fare in modo che il mio interlocutore mi comprenda devo considerare che le persone utilizzano i loro sensi anche nella comunicazione.

La Programmazione Neurolinguistica (PNL) ci insegna infatti che, per inviare o comprendere un messaggio, tendiamo a basarci su alcuni canali sensoriali.

La Programmazione Neurolinguistica (PNL in inglese neuro-linguistic programming, NLP) è un metodo di comunicazione definito come “approccio alla comunicazione, allo sviluppo personale e alla psicoterapia”.

Il nome deriva dall’idea che ci sia una connessione fra:

  • i processi neurologici (neuro), 
  • il linguaggio (linguistico), 
  • gli schemi comportamentali appresi con l’esperienza (programmazione).

 Questi schemi vengono organizzati da ciascuno di noi per raggiungere specifici obiettivi nella vita.

Secondo la PNL le tipologie sensoriali sono 3: visiva, uditiva, cineastica.

Secondo la tipologia visiva abbiamo una memoria di tipo fotografico. Delle nostre interazioni ricordiamo soprattutto le immagini e per apprendere abbiamo bisogno di vedere come si fa oppure di avere un promemoria scritto.

La tipologia uditiva invece si basa sul fatto che la nostra memoria è fatta di suoni e per apprendere abbiamo bisogno di ascoltare bene le spiegazioni.

La tipologia sensoriale cineastica si basa sul fatto che ogni persona è molto sensibile alle impressioni che gli arrivano a pelle e nelle interazioni vive. Queste sensazioni sono presenti in modo maggiore rispetto alle parole o alle immagini.

È una tipologia sensoriale collegata alla manualità e dunque per ricordare ha bisogno di fare qualcosa piuttosto che vederlo o sentirlo.

Ricordiamo inoltre che la memoria è di tipo olfattivo, quindi dei posti o delle situazioni vissute tendiamo a ricordare maggiormente gli odori e le sensazioni provate.

Ognuno di noi utilizza tutte tre queste tipologie, anche se in modo diverso.

Ma torniamo alla comunicazione e cerchiamo di capire l’importanza dei diversi approcci sensoriali.

Se voglio inviare un messaggio a una persona che utilizza maggiormente il canale uditivo e lo faccio con la mia modalità che è, ad esempio, visiva, è molto probabile che il mio interlocutore mi comprenda poco.

Di qui l’importanza di cercare di modificare la propria modalità di espressione del messaggio in modo da renderlo maggiormente comprensibile se noto che l’altro ha difficoltà a comprendermi.

In questo caso, ad esempio, potrei utilizzare sia la comunicazione verbale, ma contemporaneamente fermare i punti essenziali del mio discorso in un foglio, utilizzando così anche la comunicazione visiva.

Ho già scritto di quanto sia importante oggi imparare a comunicare con empatia: leggi il mio articolo per capire come, grazie all’empatia, si possa creare un rapporto di fiducia dando valore agli altri e valorizzando se stessi.

 

Comunicazione efficace

L’importanza di una comunicazione che si basa sull’empatia

 

3. Assicurarsi che l’altro abbia compreso

Ricorda che:

Non è sufficiente esprimere un messaggio in modo chiaro e comprensibile per essere sicuri che l’altro ci abbia compreso.

Buona abitudine sarebbe quindi chiedere all’altro di riassumere quanto abbiamo detto (certo, senza fare i professori) con lo scopo di riformulare il discorso.

La riformulazione è molto importante perché ci permette di spiegare meglio ciò che si sta dicendo, evitando così fraintendimenti.

Ci permette inoltre di comprendere ciò che l’altro ha capito di quanto gli abbiamo detto e, quindi, di integrare e approfondire l’argomento.

4. Agevolare il processo di inter-relazione

Per agevolare il processo di scambio di informazione e di inter-relazione e far sì che il nostro interlocutore rimanga nella comunicazione in modo attivo è importante evitare alcune barriere della comunicazione.

Cosa sono le barriere della comunicazione?

Le barrire della comunicazione sono modalità che spesso utilizziamo in modo spontaneo per abitudine o per cultura. Evitarle non è semplice, ma dovremmo cercare di limitarle al minimo.

Le barriere della comunicazione tendono infatti ad essere percepite in modo negativo dal nostro interlocutore, portandolo spesso a chiudere la comunicazione.

Oppure a continuarla, ma mantenendo un approccio di tipo difensivo, per nulla efficace agli scopi di relazione.

Vediamo alcuni esempi di atteggiamenti che costituiscono barriere comunicative:

  • Interpretare: è un modo di definire la parole dell’altro senza chiedergli conferma. Non è detto che corrisponda a verità.
  • Giudicare: il giudizio pone l’altro sulla difensiva e la comunicazione continua in modo negativo, sempre che il soggetto non si allontani.
  • Svalutare: sentirsi svalutati pone una grande barriera verso l’altro. Ci si sente non considerati e non compresi. La comunicazione non sarà più autentica né efficace perché l’altro viene visto come qualcuno che allontana.
  • Punire: la punizione non è mai produttiva, per il semplice motivo che non gratifica. È difficile poi riprendere a comunicare con una persona che si sente umiliata.
  • Sostituire: una persona in difficoltà con il proprio lavoro non va sostituita facendole credere di essere un incapace. Se lo scopo è quello di farle imparare il lavoro va affiancata e resa autonoma.
  • Interrompere: è un atteggiamento che esprime non ascolto e non comprensione dell’altro, anche se pensiamo di sapere cosa vuole comunicarci o abbiamo fretta di rispondere.
  • Pressare: serve solo a far aumentare l’ansia. Non serve a far tirar fuori il meglio di sé all’altro, anzi, il rischio è che reagisca con rabbia.
  • Sviolinare: le gratificazioni sono importanti, ma devono essere sincere. Altrimenti, per la potenza del linguaggio non verbale, la non sincerità viene percepita e l’altro si sente poco stimato.

Ogni volta che utilizziamo questi modi di comunicare dobbiamo renderci conto che mettiamo l’altro in difficoltà e blocchiamo o rendiamo difficile la comunicazione.

Un approfondimento sulle barriere della comunicazione lo trovi nell’articolo Barriere della Comunicazione: impara a riconoscerle e ad evitarle per creare una comunicazione efficace e una relazione autentica

La comunicazione efficace: gestualità e contesto

Per comunicare in modo efficace è importante avere chiari innanzitutto il motivo e l’obiettivo della nostra comunicazione.

Dovremmo chiederci sempre:

  • quale è il vero motivo per cui voglio comunicare ciò che ho in mente?
  • cosa desidero che accada dopo che ho comunicato al mio interlocutore ciò che ho in mente?

Secondo la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) nella comunicazione dobbiamo considerare alcuni aspetti:

  1. Il significato della mia comunicazione è la risposta che ricevo.
    Ciò significa che il comportamento dell’altro è il risultato del mio modo di comunicare, è il feedback della mia comunicazione.
  2. Non si può non comunicare.
  3. L’unica informazione certa su una persona è il suo comportamento.
  4. La persona non è il suo comportamento.
  5. Non c’è mai fallimento, ma solo feed-back.

Comunicazione

Aspetti da considerare per una comunicazione efficace

 

Nella relazione di comunicazione, inoltre, alcuni aspetti giocano un ruolo molto importante, e sono:

  • lo sguardo tra gli interlocutori,
  • a gestualità che accompagna le parole,
  • il tono di voce,
  • la capacità di ascoltare e di comprendersi a vicenda.

Ricorda che ascoltare è diverso da sentire. Senza ascolto non c’è comunicazione, perché diventa impossibile creare interazione tra te e le persone con cui stai parlando.

Negli anni la comunicazione si è evoluta: nei social, all’interno di gruppi o delle community, la comunicazione è cambiata e si generano comportamenti e reazioni ogni volta diversi.

Questo significa che il contesto modifica il modo di comunicare.

E vuol dire che la comunicazione, per essere efficace, non si focalizza più solo su chi parla e su ciò che dice, ma anche sul contesto in cui è inserita.

I social media hanno abbattuto le differenze di status e le relazioni oggi si basano sulla collaborazione, sulla trasparenza e sulla condivisione.

Le caratteristiche della comunicazione efficace

Una comunicazione efficace, ricapitolando, si caratterizza per:

1. Capacità di sintesi. Essere concisi significa comunicare tutte le informazioni importanti senza aggiungere dettagli inutili.

2. Considerazione della visione dell’altro. Conoscenze dell’altro e stato d’animo (con empatia) vanno prese in considerazione per modulare la nostra comunicazione e renderla efficace.

3. Completezza. La comunicazione deve contenere tutte le informazioni necessarie per valutare la situazione e raggiungere gli obiettivi in breve tempo.

4. Concretezza. La comunicazione efficace si basa su dati e fatti a supporto dei contenuti. Comunicare in modo concreto significa anche rispondere in modo preciso alle domande e sviluppare le argomentazioni richieste.

5. Chiarezza. Elemento importante per la chiarezza è l’uso della terminologia appropriata, al fine di ridurre fraintendimenti.

6. Credibilità. Comunicare in modo corretto, evitando errori di sintassi o di grammatica, migliora la chiarezza del messaggio e permette di acquisire credibilità come persona, a tutto vantaggio del messaggio e della relazione.

Anche in campo lavorativo le relazioni oggi si basano sulla collaborazione, sulla trasparenza e sulla condivisione.

Spero che questo articolo possa esserti d’aiuto per migliorare il tuo approccio comunicativo e relazionale.

Credo che tutti dovremmo continuamente mettere in discussione il nostro modo di comunicare con l’obiettivo di renderci migliori e valorizzare i nostri rapporti umani.

E tu, cosa ne pensi?

 

Se ti interessa approfondire le dinamiche comunicative puoi seguire sul mio Blog la sezione Comunicazione: puoi trovare tanti contenuti utili e suggerimenti per migliorare la tua comunicazione.

 

Articolo scritto a maggio 2020 e aggiornato nel mese di luglio 2023
Fonti: psicologi-italia.it

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Il video è davvero per tutti? Consigli per registrare video brevi e di qualità

Il video è davvero per tutti? Consigli per registrare video brevi e di qualità

Potente alleato anche per la comunicazione aziendale, il video deve essere ben fatto, altrimenti meglio evitare

Negli ultimi anni video e dirette social sono i protagonisti della comunicazione. 

Ancor più del 2016 (anno in cui i video, a partire dagli influencer, venivano pubblicati sul web) oggi sono proprio i video a trovare un grande riscontro, anche nella comunicazione aziendale.

I video stanno diventando un mezzo comunicativo molto potente, ma quelli che funzionano oggi sui social sono molto diversi dai video di 5 o anche di quelli di 3 anni fa.

Da TikTok, alla rapida diffusione dei Reels su Instagram al debutto di YouTube Shorts (parte di YouTube dove è possibile guardare, registrare e condividere video di massimo 60 secondi) ciò che accomuna le piattaforme video più amate e usate sono la velocità di fruizione e il formato verticale.

Proviamo insieme a capire perché i video funzionano e vediamo qualche utile consiglio per registrare contenuti di qualità.

Utilità dei video

I video, mentre raccontano, emozionano e coinvolgono e possono così diventare un potente alleato anche per le aziende che, grazie ai siti web e ai social media, possono raggiungere un ampio pubblico.

Se fatti bene, i video posso essere utilizzati per:

  • Far conoscere il tuo brand, la tua attività e i tuoi prodotti. Presentare le loro particolarità e il loro funzionamento;
  • Presentare l’azienda attraverso testimonianze o interviste;
  • Comunicare eventi, fiere di settore, manifestazioni;
  • Fare formazione;
  • Attrarre nuovi clienti sul tuo sito web: dopo aver visto il video una persona può essere incuriosita da quello che proponi decidendo quindi di cercare altre informazioni direttamente sul tuo sito, e magari contattarti direttamente.

Sia che tu abbia una grande realtà aziendale o una piccola attività ciò che conta è riuscire a realizzare dei brevi video, semplici ma concreti, dove presenti nel modo migliore i tuoi prodotti o servizi.

come registrare video di qualità

Perplessità

Non nascondo la mia perplessità. I video bisogna saperli fare. E questo significa che l’improvvisazione rende raramente un buon risultato.

Per essere credibili servono dunque un progetto e alcuni accorgimenti, quali la cura del tono di voce e della mimica facciale, la cura del contesto in cui si svolgono le riprese e la mancanza di rumori di sottofondo.

L’avere poi una bella presenza certo non guasta.

I contenuti contano, ma qualcosa di importante detto male non arriverà mai a chi ascolta.

Bisogna catturare l’attenzione e convincere: sono necessarie empatia, autorevolezza e capacità di gestire i tempi creando un ritmo che trascina.

Parlo anche per esperienza personale. Tempo fa ho seguito un corso di Grafica e Design per la multimedialità il cui progetto consisteva nell’impostare un sito web su un argomento di interesse personale da implementare con pubblicazioni di video autoprodotti.

Ti posso assicurare che girare un video non è affatto semplice: si prova e si riprova perché, in quel minuto, c’è sempre qualcosa che non è andato come si vorrebbe.

Come fare un video

6 consigli da YouTube per registrare, montare e pubblicare video brevi per i social

1. Registra sempre con buona luminosità e audio. Ogni video deve essere di buona qualità, ne va della nostra credibilità e immagine aziendale.
Un contenuto registrato con cattiva qualità audio o video può funzionare solo se a essere ripreso è ad esempio un video di cronaca registrato in diretta, ossia qualcosa di incredibile e irripetibile.

2. La durata dovrà essere adeguata allo scopo del video: più un video é lungo, meno possibilità ha di essere visto per intero.

3. Attira l’attenzione di chi guarda fin dai primi secondi. La parte migliore di quello che devi dire o mostrare deve essere messa all’inizio.

4. Cura anche i testi che accompagnano il video, dalle descrizioni ad eventuali sottotitoli. Il linguaggio deve essere informale, le frasi scorrevoli ed è da evitare il tono accademico.

5. Vince l’autenticità. Un profilo è premiato dalla costruzione di una propria identità ben precisa, a cui restare fedeli e soprattutto in cui mostrarsi per quello che si è senza fingere di essere altro.
Cerca di mantenere il tuo stile anche seguendo le tendenze.

6. Come per tutti i contenuti che si diffondono in rete cerca di avere costanza. Puoi pubblicare una o due volte a settimana, l’importante è che tu sia regolare.

6 consigli per registrare video di qualità
Guarda, ad esempio, i video di quei personaggi che funzionano in rete.

Davanti alla telecamera c’è qualcuno che sa cosa dire (anche se poco) ma quel che conta è che lo dice benissimo: sono quei fenomeni mediatici seguiti dal popolo del web quasi quanto una prima tv. Prova a chiederti il perché.

Sarà che penso che le cose o si fanno bene o non si fanno, ma sicuramente una bella idea raccontata male non verrà mai percepita nel suo completo potenziale.

E questo vale anche e soprattutto per quegli imprenditori che vogliono raccontare da sé il proprio prodotto: la spontaneità è sicuramente qualcosa di prezioso anche in video, ma deve essere gestita con metodo, altrimenti il rischio sarà quello di ottenere una sonora risata, lasciando svanire il risultato sperato.

Sulla comunicazione, per approfondire, potresti leggere:

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Come scrivere (e comunicare) con empatia

Come scrivere (e comunicare) con empatia

L’empatia, nel copywriting e nella comunicazione, ha lo straordinario potere di creare relazioni. Ma si può imparare a scrivere in modo empatico?

Si fa un gran parlare di empatia. Di come comunicare in modo empatico, di come coltivare l’empatia, di come scrivere in modo empatico.

L’empatia è la capacità di entrare in sintonia con le altre persone, di capire il loro stato d’animo e le loro necessità, la loro gioia e il loro dolore.

Ma nella società di oggi, dove tutto corre in fretta e dove abbiamo poco tempo anche per noi stessi, è possibile coltivare l’empatia?

Io credo di sì, ma dobbiamo imparare a rallentare e coltivare l’ascolto.

Come possiamo pensare di essere compresi se noi per primi non ci poniamo in una situazione di ascolto con gli altri?

L’empatia nasce dall’ascolto, dal silenzio, dalla comprensione. 

E dall’esercizio di alcune buone pratiche.

Come coltivare l’empatia

Coltivare l’empatia non è semplice, ma esistono alcune buone pratiche che, se per alcuni corrispondono alla normalità, per molti invece non sono automatiche, abituati come siamo a vedere la vita dal nostro punto di vista.

Per cominciare possiamo allenarci a tenere questi cinque atteggiamenti, come ci consiglia Rick Hanson, che ha scritto un interessantissimo libro sulla resilienza.

1.Dovremmo abituarci prima di tutto a immergerci nella nostra interiorità: la consapevolezza di sé rafforza la consapevolezza degli altri.

2.Alleniamoci ad assumere il punto di vista altrui, prendendo coscienza del fatto che quanto a noi appare evidente e importante potrebbe non esserlo per gli altri. Ognuno è plasmato dall’ambiente in cui vive.

3.Arricchiamo il nostro bagaglio di competenze “culturali” e confrontiamoci con persone di provenienza diversa dalla nostra. Ciò ci aiuterà a diventare consapevoli di preconcetti inconsci che derivano dalla nostra cultura e dunque a diventare più rispettosi dei bisogni altrui.

4.Impariamo a cogliere le micro espressioni dell’altro, a guardarlo negli occhi e a non fermarsi alla superficie, proprio per cogliere le esigenze e le sofferenze che potrebbero celarsi dietro a un atteggiamento aggressivo o che non riusciamo a comprendere.

5.Alleniamoci a formulare ipotesi, che sono la chiave dell’empatia. Questo ci aiuta ad affinare la comprensione. 

Correggere poi le interpretazioni inesatte è importante per raggiungere una comunicazione empatica e dunque più autentica.

Consigli per comunicare e scrivere con empatia

Come comunicare in modo empatico

Riconoscere le emozioni degli altri, e avere la certezza che gli altri riconoscano le nostre, facilita la comunicazione.

Ricorda che:

Se non provi empatia e le tue relazioni personali non sono efficaci, non importa quanto sei intelligente: non arriverai lontano.

(Daniel Goleman)

Ti è mai capitato di parlare con qualcuno e di pensare che quella persona ti capisce all’istante?

Spesso la chiamiamo “sintonia” ma quel che si crea in realtà è comunicazione empatica.

L’ empatia è uno strumento prezioso, forse l’unico, per ottenere fiducia.

Ognuno di noi desidera essere pienamente capito e compreso. Se il nostro interlocutore si sente capito e compreso è normale che vedrà in noi una persona di cui fidarsi e a cui affidarsi.

Una comunicazione efficace fornisce certamente informazioni, dati, notizie e caratteristiche concrete ma comunica anche emozioni.

E quando entrano in gioco le emozioni comunicare anche con il corpo è fondamentale. La comunicazione non verbale comprende l’uso dl corpo, delle mani e l’uso del giusto tono di voce.

Questo perché:

Il messaggio è importante tanto quanto il modo con cui lo si esprime.

Se applichiamo questo concetto al commercio possiamo capire perché, anche se i clienti analizzano e valutano le decisioni di acquisto sulla base di fatti caratteristiche del prodotto, la decisione che spinge all’acquisto è influenzata dalle emozioni che il venditore o il brand dell’azienda riescono a trasmettere.

Anche i nostri collaboratori formano la loro idea su di noi sulla base di fatti e caratteristiche della persona, ma decidono di seguirci e fidarsi di noi in base delle emozioni, ovvero di quell’insieme di sensazioni e sentimenti che spingono ad agire e che generano fiducia.

Per avere una comunicazione più efficace e fare in modo che il tuo messaggio arrivi nel migliore dei modi a clienti e collaboratori, comincia allora mettere un po’ di emozione in quello che dici: usa le mani, muovi il corpo e concentrati anche sul tono di voce.

Come scrivere con empatia

Empatia significa anche saper creare e trasmettere emozioni. Come riuscire a trasmettere emozioni con il copywriting?

Prima di tutto cerca di non essere vago mentre scrivi: comunica concetti precisi, concetti cioè che evocano immagini dettagliate. A tale scopo informati bene e dai tutte le informazioni necessarie e in modo chiaro.

Quando ti è possibile scrivi di cose che ti appassionano e che conosci bene: il tuo testo risulterà più spontaneo e più vero. 

Allenati a non usare verbi all’imperativo. Niente ordini, insomma. Quante volte leggiamo on-line la famosa call-to-action Clicca, Scopri, Acquista?

Per il lettore è molto più coinvolgente essere condotto all’azione in modo più meno aggressivo. Invece di Leggi  utilizza Potresti leggere anche.

Oppure: invece di Acquista la macchina fotografica migliore che c’è sul mercato utilizza Con questa macchina fotografica rivivrai momenti indimenticabili.

In questo modo è come se accompagnassi il lettore, senza forzarlo, a fare la scelta migliore. E in più tocchi il suo lato emotivo.

Inoltre, secondo alcune ricerche di programmazione neuro-linguistica, il nostro cervello dubita di troppa sicurezza e spavalderia e preferisce un approccio più umano e meno infallibile.

Alcuni avverbi che esprimono dubbio quali forse, probabilmente o quasi – contrariamente a quel che si crede – contribuiscono a dare maggiore credibilità al messaggio e dunque a creare fiducia e relazioni.

Altro aspetto importante è quello di utilizzare il giusto tono di voce. E per non sbagliare è necessario conoscere il tuo pubblico di riferimento.

Il tono colloquiale e l’utilizzo del tu è sicuramente il modo migliore per entrare in sintonia con il lettore, ma ciò che conta è riuscire a emozionare. 

Perché si sa, i testi che funzionano meglio sono quelli che emozionano.

 

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Sara Soliman

Copywriter

 

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Sintesi, credibilità ed emozione: 8 consigli per una presentazione efficace

Sintesi, credibilità ed emozione: 8 consigli per una presentazione efficace

Le presentazioni sono all’ordine del giorno nel mondo del lavoro e della scuola. Ma quali sono le slide che funzionano meglio?

Oggi le slide sono all’ordine del giorno tanto nel mondo del lavoro quanto nel mondo della scuola e delle università.

Al lavoro le utilizziamo durante le riunioni, per organizzare interventi a convegni, per realizzazare una presentazione dedicata a potenziali investitori.

In realtà le slide sono una sorta di “salvagente” per tutti (così le definisce Luisa Carrada, esperta in copywriting): per il relatore, l’organizzatore, i convenuti al convegno, l’insegnante e gli studenti.

Ma come creare un presentazione efficace? Quali sono le slide migliori? 

Vediamo insieme quali sono gli elementi da considerare per creare una buona presentazione, che mantenga alta l’attenzione del pubblico e trasmetta il messaggio in modo efficace.

Le parole chiave di una buona presentazione

Una presentazione è prima di tutto un prodotto di comunicazione, con una rigorosa organizzazione interna.

Garr Reynolds, autore del popolare blog sulle presentazioni presentationzen.com ha creato sei slide che riportano le parole chiave di una buona presentazione.

Queste parole chiave sono:

Semplicità, sorpresa, concretezza, credibilità, emozione, narrazione.

E ha inserito un solo termine per slide.

Il fatto che ci sia una sola parola per slide significa che nelle presentazioni le parole scritte non sono le protagoniste: sono essenziali, certo, ma hanno la funzione di ancorare l’attenzione e anticipare le parole dell’oratore. E devono sorprendere, emozionare.

Parole scritte e parole parlate devono essere diverse e complementari, solo con qualche comprensibile sovrapposizione.

Ed è forse questo l’aspetto più complesso del creare una presentazione efficace: imparare a gestire il rapporto tra slide ed esposizione orale, rendere cioè coerenti i due canali comunicativi con lo scopo di valorizzare il messaggio.

Come procedere per creare una presentazione

Per creare una buona presentazione segui questi consigli:

  1. Prepara una traccia;
  2. Crea testi brevi;
  3. Ricorda l’importanza del titolo;
  4. Scegli con attenzione il carattere e cura la grafica;
  5. Usa un layout predefinito;
  6. Limitati a una sola idea per slide;
  7. Usa immagini e grafici;
  8.  Non esagerare con le animazioni speciali e gli effetti di transizione.

 

1. Prepara la traccia

Preparare la traccia di ciò che devi dire, il flusso della tua presentazione, ti servirà ad avere le idee più chiare e a presentare i concetti in modo più logico e ordinato.

Poi pianifica la struttura delle slide. Parti con una slide con il titolo, una con l’introduzione, una con l’indice degli argomenti, una con i soli titoli degli argomenti che tratterai.

Al posto dell’indice dettagliato potresti inserire il tuo obiettivo e quello che sarà il risultato.

Oppure una bella domanda, a cui risponderai durante la presentazione.

In un secondo momento inserirai qualche call-to-action, immagini, citazioni, grafici e altro.

Nell’ultima slide riassumi il tuo messaggio in uno slogan originale, una citazione, il “succo del discorso” che è il tuo obiettivo.

2. Crea testi brevi

Ricorda questo concetto: in una presentazione le parole scritte sono importanti ma non devono trasmettere tutti i contenuti. 

Usa elenchi puntati per focalizzare gli elementi importanti o i dati, ma soprattutto per attirare l’attenzione verso ciò che devi dire. 

Evita di inserire troppo testo: parole scritte e parole parlate devono essere diverse e complementari.

La slide non deve essere esaustiva come una pagina di un libro, è piuttosto la traccia del tuo discorso.

Mason scrive:

Considerate le slide come se fossero la punta dell’iceberg del vostro discorso, la sola parte visibile. Il resto dell’iceberg è dentro di voi.

3. Scegli con attenzione caratteri e cura la grafica

Assicurati che il font che hai scelto sia leggibile. I font di riferimento (quelli pensati per lo schermo) sono i classici Verdana, Georgia, Garamond, Trebuchet.

E scegli al massimo due tipi di font: uno per i testi e uno per i titoli.

La regola generale è di usare le dimensioni dei caratteri di circa 24 punti per il testo, 40 punti per i titoli.

4. Ricorda l’importanza del titolo

Il titolo è il re del paragrafo, sempre. Lo è nelle pagine del web, negli articoli e anche nelle slide.

Il titolo è un concentrato di contenuto e, di ogni slide, deve trasmettere il messaggio principale.

Nei titoli (che devono avere lo stesso carattere in ogni slide) usa forme attive e parole chiave.

5. Usa un layout predefinito

La presentazione risulterà più convincente se tutte le slide sono omogenee come colori, carattere e impaginazione.

Contenuti ed elementi grafici devono seguire lo stesso allineamento e, se puoi, usa i colori del tuo logo.

6. Limitati a una sola idea per slide

In ogni slide trasmetti un solo concetto e riducilo all’essenziale: elimina avverbi e aggettivi, privilegia fatti e dati, cerca di non scrivere più di sei righe. 

Seth Godin, che sulle slide ha scritto molto, è categorico:

Mai più di sei parole in una slide.

Giacomo Mason è più morbido e ci consegna dei limiti:

Se avete tanto testo nella slide di una presentazione avete un problema. Sopra i 600 caratteri è molto probabile che le persone non leggeranno la slide, sopra le 900 caratteri potete stare certi che non le leggeranno.

Le slide migliori, quelle dei grandi comunicatori (vedi Steve JobsGarr Reynolds), sono dunque quelle che hanno pochissimo testo.

Certo, forse rimanere dentro le sei parole di Seth Godin è difficile, però il concetto è chiaro: riduciamo il testo il più possibile.

7. Usa elementi grafici

Spezza le slide di dolo testo con slide che contengono immagini, diagrammi, tabelle e icone: rendono la tua storia più interessante, comprensibile e memorizzabile.

8. Non esagerare con le animazioni speciali e gli effetti di transizione 

Animazioni eccessive ed effetti di transizione diversi tra diapositive indicano poca professionalità e distraggono l’ascoltatore.

Il mio consiglio è di utilizzare sempre la stessa animazione e usare un solo effetto di transizione, leggero. È più che sufficiente.

E dopo? “Qualcosa bisogna pur lasciare”

Dopo la presentazione è buona prassi lasciare un documento completo di tutti i contenuti che hai comunicato: slide, tabelle, dati e il testo del discorso stesso.

Oppure puoi scegliere di fornire le stesse slide (in ordine e ben impaginate, 4 o 6 per pagina formato A4) e il testo del tuo discorso, in modo da far felice chi sostiene che “qualcosa bisogna pur lasciare”.

Sconsiglierei però di consegnare la stampa prima della presentazione. Informa piuttosto il tuo pubblico che “dopo” lascerai una copia delle slide a disposizione. Credo sia l’unico modo per mantenere l’attenzione.

Utilizzi anche tu questi criteri per creare le tue presentazioni o tendi a scrivere tanto testo?

E poi, lasci le slide al tuo pubblico? Scrivimi nel box qui sotto!

 

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Articolo del 20.11.2020 rivisto il 13.09.2022 e il 28.04.2024

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Gadda al microfono: le regole della buona comunicazione in radio

Gadda al microfono: le regole della buona comunicazione in radio

“L’io è il più pidocchioso dei pronomi” ci ricorda Gadda nelle sue Inderogabili Norme per la redazione di un testo radiofonico

A oltre 60 anni dalla loro pubblicazione, le norme per la redazione di un testo radiofonico di Carlo Emilio Gadda rimangono un punto di riferimento per chiunque si occupi di comunicazione, in radio ma anche sui social e blog.

Dopo aver parlato delle regole di scrittura suggerite da Umberto Eco per scrivere bene in italiano e aver trattato i consigli di Calvino per scrivere con leggerezza, vediamo insieme “le inderogabili norme” stilate da Gadda per la RAI, guida di comportamento diretta ai dipendenti RAI e dall’azienda stessa commissionate (precisamente dal Terzo Programma) allo scrittore lombardo.

Tali regole vennero stampate nel 1953 sotto forma di opuscolo completamente anonimo e adespoto (senza editore responsabile) tanto era il timore dell’autore di poter infastidire qualcuno, cosa che accadde.

Solo dopo molti anni – nel 1991 – l’opuscolo viene pubblicato a cura di Dante Isella in Edizioni Garzanti.

L’edizione di Ungarelli è invece disponibile in anastatica dal 1971 e porta il titolo “Gadda al microfono. L’ingegnere e la Rai (1950-1955)” a cura di Giulio Ungarelli (Nuova Eri-Edizioni Radio Italiana 1953).

Gadda delinea le buone norme per un redattore radiofonico, ma a leggerlo oggi ci si rende conto che molte delle sue norme andrebbero rispettate, ancora oggi in ogni aspetto della comunicazione, anche quello scritto.

Scrive Gadda nelle prime righe del Decalogo: “La mancata osservanza di dette norme e cautele, può rendere intrasmissibile uno scritto anche se per altri aspetti eccellente”. 

Norme inderogabili dunque, alle quali vanno aggiunti alcuni “avvertimenti” o “cautele” presenti nell’introduzione, ma altrettanto importanti.

Riporto parti intere (mi sono permessa di evidenziare con il grassetto l’argomento della norma) dall’edizione in anastatica, del testo scritto da Gadda, un testo di piacevole lettura, sintetico, ironico e dai contenuti di centrale importanza per una buona comunicazione.

 

Carlo Emilio Gadda_citazioni

 

Norme per la redazione di un testo radiofonico

Dal testo originale in anastatica (del quale ho una copia dai tempi dell’università):

Il testo va costruito con periodi brevi e per la durata massima di 15 minuti.

In 15 minuti Gadda riconosce dunque la sopportabilità massima del parlato di un unica voce.

Nessuna conversazione da trasmettere «a una voce» può superare questo limite.

Ove si preveda una conversazione di maggior durata, bisogna costruirne il testo in modo da poterlo «dire» a due voci, a tre voci, a più voci. Chi predispone il testo deve elaborarlo in forma di dialogo.

Fondamentale è poi:

Evitare l’eccesso di autorevolezza e il tono dottrinale o accademico

Compito del presentatore è quello di rendere, del commemorato o dei commemorati, un’immagine evidente e in quanto possibile obiettiva, non quello di insabbiarne l’effigie col polverino della propria autorità.

Se accade che la conversazione abbia fonti prevalentemente bibliografiche o verta su tema dottrinale o comunque erudito, è bene dissimulare la qualità delle fonti o la natura del tema.


Il pubblico
che ascolta una conversazione è un pubblico per modo di dire. In realtà si tratta di «persone singole», di mònadi ovvero unità, separate le une dalle altre. 

Ogni ascoltatore è solo: nella più soave delle ipotesi è in compagnia di «pochi intimi». Seduto solo nella propria poltrona, dopo aver inscritto in bilancio la profittevole mezz’ora e la nobile fatica dell’ascolto, egli dispone di tutta la sua segreta suscettibilità per potersi irritare del tono inopportuno onde l’apparecchio radio lo catechizza.

È bene perciò che la voce, e quindi il testo affidatole, si astenga da tutti quei modi che abbiano a suscitare l’idea di un’allocuzione compiaciuta, di un insegnamento impartito, di una predica, di un messaggio dall’alto.

L’eguale deve parlare all’eguale, il libero cittadino al libero cittadino, il cervello opinante al cervello opinante. Il radiocollaboratore non deve presentarsi al radioascoltatore in qualità di maestro, di pedagogo e tanto meno di giudice o di profeta, ma in qualità di informatore, di gradevole interlocutore, di amico.

All’atto di redigere il testo di un parlato radiofonico si dovrà dunque evitare in ogni modo che nel radioascoltatore si manifesti il cosiddetto «complesso di inferiorità culturale», cioè quello stato di ansia, di irritazione, di dispetto che coglie chiunque si senta condannare come ignorante dalla consapevolezza, dalla finezza, dalla sapienza altrui.
Questo «complesso» determina una soluzione di continuità nel colloquio tra il dicitore e l’ascoltatore, crea una zona di vuoto, un «fading» spirituale nella recezione.

Nell’introduzione alle regole Gadda sottolinea dunque:

A – Astenersi dall’uso della prima persona singolare «io». Il pronome «io» ha carattere esibitivo, autobiografante o addirittura indiscreto. Sostituire all’ «io» il «noi» di eimbro resocontistico-neutro, o evitare l’autocitazione.

Al giudizio: «Io penso che la “Divina Commedia” sia l’opera maggiore di Dante», sostituire: «La “Divina Commedia” è ecc.»;

B – Astenersi da parole o da locuzioni straniere quando se ne possa praticare l’equivalente italiano. Usare la voce straniera soltanto ove essa esprima una idea, una gradazione di concetto, non per anco trasferita in italiano. Per tal norma inferiority-complex, nuance, Blitz-Krieg e chaise-longue dovranno essere sostituiti da complesso d’inferiorità, sfumatura, guerra lampo e sedia a sdraio: mentre sefl-made man, Stimmung, Weltanschaung, romancero, cul-de-lampe e cocktail party potranno essere tollerati;

C – Evitare gli sterili elenchi dei nomi di persona quando non si possono caratterizzare o comunque definire le persone chiamate in causa.

D – Operare analogamente con le date. In un esposto di carattere storico le date costituiscono opportuno ammonimento, gradito appoggio e gradita eccitazione per la memoria. Tali appaiono al viaggiatore le indicazioni chilometriche.

E – Inibirsi la civetteria del dare per comunemente noto quello che noto comunemente non è. A nessun uomo, per quanto colto, si può chieder di essere una enciclopedia. I lemmi dell’enciclopedia rappresentano la fatica di migliaia di collaboratori;

F – Entrare subito o pressoché subito in medias res: non tener sospeso l’animo del radioascoltatore con lunghi preamboli, con la vacuità di premonizioni superflue che il valore cioè il costo del tempo del radioparlato sono ben lontani dal giustificare, dall’ammettere.

 

Carlo Emilio Gadda_citazioni

 

Ciò avvertito, ecco le regole generali assolute per la stesura di ogni testo radiofonico, generali cioè valide per qualunque tipo di testo radiofonico:

 

1 . Costruire il testo con periodi brevi: non superare in alcun caso, per ogni periodo, i quattro righi dattiloscritti; attenersi, preferibilmente, alla lunghezza normale media di due righi, nobilitando il dettato con i lucidi e auspicati gioielli dei periodi di un rigo, mezzo rigo. 

2. Procedere per figurazioni paratattiche, coordinate o soggiuntive, anziché per figurazioni ipotattiche, cioè per subordinate (causali, ipotetiche, temporali, concessive).(…)

3. Il tono gnomico e saccadé che può risultare da un siffatto incanalamento e governo della piena (di idee) non dovrà sgomentare preventivamente il radiocollaboratore. Una dopo l’altra le idee avranno esito ordinato e distintamente percepibile al radioapparecchio: una fila di persone che porgono il biglietto, l’una dopo l’altra, al controllo del guardiasala.
La consecuzione delle idee si distende nel tempo radiofonico e deve avere il carattere di un «écoulement», di una caduta dal contagocce. Ogni tumultuario affollamento di idee nel periodo sintattico conduce al «vuoto radiofonico».

4. Sono perciò da evitare le parentesi, gli incisi, gli infarcimenti e le sospensioni sintattiche. La regìa si riserva di espungere dal testo parentesi e incisi e di tradurli in una successione di frasi coordinate. Una parentesi di più che sei parole è indicibile al microfono. L’occhio e la mente di chi legge arrivano a superare una parentesi, mentre la voce di chi parla e l’orecchio di chi ascolta non reggono alla impreveduta sospensione. (…)

5. Curare i passaggi di pensiero e i conseguenti passaggi di tono mediante energica scelta di congiunzioni o particelle appropriate. (…)

6. Evitare le litòti a catena, le negazioni delle negazioni. La litòte semplice – negare il contrario di quel che si intende affermare – è gentile e civilissima figura. (…)

Alla seconda negazione la mente per quanto salda e agguerrita dell’ascoltatore si smarrisce nella giungla dei «non». (…)

7. Evitare ogni infelice ricorso a poco aggiudicabili pronomi determinativi o disgiuntivi o numerali o indefiniti, a modi qualificanti o indicanti comunque derivati o desunti dal pronome o dal numero: quello-questo, l’uno-l’altro, il primo-il secondo, esso, quegli, chi, ognuno, il quale, qualsivoglia d’essi, egli, ella, quest’ultimo. (…)

Deve apparir chiaro in su le prime a quali termini di una serie enunciata i detti pronomi si riferiscono. In caso contrario è meglio ripetere il termine, cioè il nome. (…)

8. Evitare le rime involontarie, obbrobrio dello scritto, del discorso, ma in ogni modo del parlato radiofonico. Una rima non voluta e inattesa travolge al ridicolo l’affermazione più pregna di senso, il proposito più grave. La regìa si riserva la facoltà di emendare dal vezzo d’una rima il testo che ne andasse eventualmente adorno.

9. Evitare le allitterazioni involontarie, sia le vocaliche sia le consonantiche, o comunque la ripetizione continuata di un medesimo suono. Le allitterazioni sgradevoli costituiscono inciampo a chi parla, moltiplicano la fatica e la probabilità di errore (pàpera). Ciò che è peggio interrompono l’ascolto con dei tratti non comprensibili, e non compresi di fatto.(…)

Ma il parlato radiofonico non è pretesto o supporto a una frase musicale; deve essere compreso per se stesso; il suo valore deriva unicamente dal contenuto logico. (…)

10. Evitare le parole desuete, i modi nuovi o sconosciuti, e in genere un léssico e una semantica arbitraria, tutti quei vocaboli o quelle forme del dire che non risultino prontamente e sicuramente afferrabili. Figurano tra essi:
a) i modi e i vocaboli antiquati;

b) i modi e i vocaboli di esclusivo uso regionale, provinciale, municipale;

c) i modi e i vocaboli, talora arbitrariamente introdotti nella pagina, della supercultura (p. e. della supercritica), del preziosismo e dello snobismo;

d) i modi e i vocaboli delle diverse tecniche; della specializzazione;

e) i modi e i vocaboli astratti.

11. Evitare le forme poco usate e però «meravigliose» della flessione, anche se provengono da radicali (verbali) di comune impiego. Non tutti i verbi sono utilmente coniugabili in tutti i tempi, modi e persone. (…)

Tali mostri (agiamo, scelsero) sono figli legittimi della coniugazione, ma la legittimità dei natali non li riscatta dalla mostruosità congenita.

 

Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico, ERI (Edizioni Radio Italiana) 1953.

In una visione purista della lingua italiana, Gadda consiglia di guardarsi dall’uso dei forestierismi, che causerebbero la morte delle nostre parole. Sono tollerabili, secondo l’autore, solo le parole straniere che non hanno l’equivalente in italiano.

Le norme sono, nel loro insieme, un invito alla sobrietà e alla semplicità di espressione, nella convinzione che per risultare piacevoli all’ascoltatore è necessario mettersi sullo stesso piano e instaurare un tipo di comunicazione empatica. Per questo motivo intramontabili.

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